La quantità d'acqua che cade è poco notevole, forse 60 litri al secondo, ma dal basso si crederebbe che la cascata, le cui masse si confondono col letto di pietra, sia quella d'un fiume immenso; nell'inverno, nella primavera ed anche nelle mattine d'estate, i vapori che s'innalzano dall'acqua tiepida e fluttuano nell'atmosfera, accrescono l'illusione: attraverso quel velo leggiero si crede di distinguere la caduta dell'onda tumultuosa. Quando, avvicinandosi alla balza erta, che si sviluppa in un vasto circolo di mezzo chilometro, si riconosce che non cade più che un sottile velo trasparente, è al crollo di un ghiacciaio che si paragonano i depositi ondulati della roccia candida. Come i ghiacciai delle Alpi, il travertino di Hierapolis ha miste alla sua bianchezza la bella tinta d'un azzurro delicato; inoltre esso si colora qua e là di roseo e di verde come gli alabastri ed i marmi. Grandioso nelle sue proporzioni, l'anfiteatro è attraente nei dettagli delle sue rocce bianche o lievemente colorate; cadendo, l'acqua gradatamente raffreddata, si spande in minute onde, l'ultima delle quali si ferma depositando un orlo di calcare; ogni gradino si trova così formato di vasche a labbra sporgenti, sotto le quali si succedono altri bacini in forma di pile d'acqua santa. L'acqua discende da scalino a scalino come per un immenso "scalone di Nettuno"; ma nel suo percorso essa ricama e adorna dappertutto la superficie della pietra; non v'è canto della roccia che non scolpisca d'arabeschi.
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Alpi Hierapolis Nettuno
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