A valle dei ruscelli che gli portano le acque pietrificanti di Tambuk e delle alture vicine, il Meandro serpeggia nella sua larga pianura, formando tutte quelle volte e risvolte, alle quali si è dato il suo nome. È vero che la corrente discende in "meandri" fino al mare, e certe volte sembra ritornare sui suoi passi; ma a questo riguardo il fiume resta di molto inferiore ad altri: non descrive anelli paragonabili a quelli del Lot, della Senna e del Chiers, non ha anse come quelle del Mississippì, la cui curva a valle si ravvicina a quella a monte e finisce per raggiungerla. Nel suo insieme il corso del Meandro ha semplici sinuosità locali e non ha deviazioni paragonabili a quelle del Kizil irmak e del Sakaria, ai quali si potrebbe applicare molto più giustamente quello che i geografi greci dicevano una volta del Meandro, che "scorre risalendo verso la propria origine".
[Immagine 081.png - N. 81. - PIANURE DEL MEANDRO INFERIORE].
È come fiume "lavoratore" che il Meandro merita soprattutto d'essere citato. La sua opera geologica negli ultimi ventitrè secoli non è uguagliata da nessun'altra corrente dello stesso volume, e per ispiegarla, non è sorprendente che si sia ricorso all'ipotesi d'un sollevamento del suolo, che del resto non è stato ancora osservato direttamente. L'antico golfo Latmico, sulla spiaggia del quale giaceva la città marittima di Mileto e che si stendeva a nord fino al piede della collina, dove sorgeva il tempio di Priene, ha cessato d'essere un golfo; non ne resta più che un lago, il Kapikeren Denizi o Akis-tsciai, la cui sponda occidentale è a 17 chilometri dal mare in linea retta [754]. L'antica isola di Ladé, ad ovest di Mileto ed a nord del corso attuale del Meandro, non è più che una protuberanza in mezzo alle paludi dell'interno.
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