I Turchi sono quasi completamente espulsi dalle isole della costa jonia; nelle grandi città del litorale, dove avevano non è molto la maggioranza, adesso occupano il secondo rango. A Smirne, la grande città del loro impero peninsulare, sembrano più tollerati che padroni; anche in certe città dell'interno l'elemento ellenico già bilancia la popolazione turca. Il movimento sembra irresistibile come la marea che monta, e gli Osmanli non ne hanno meno coscienza dei Greci. Da gran tempo il grido: "Fuori d'Europa!" è stato emesso non solo contro i governanti Osmanli, ma anche contro la massa della nazione turca, e si sa che il voto crudele è in gran parte realizzato: a centinaia di migliaia si sono rifugiati in Asia Minore gli emigrati della Tessaglia greca, della Macedonia, della Tracia, della Bulgaria, e questi fuggiaschi sono appena un avanzo dei miseri che hanno dovuto abbandonare le case paterne; l'esodo continua e non cesserà senza dubbio prima che tutta la bassa Rumelia sia diventata europea di lingua, di usi e di costumi. Ma ecco che i Turchi sono minacciati anche in Asia. Un nuovo grido s'eleva: "Nella steppa!", e c'è da chiedersi con orrore se anche questa minaccia debba realizzarsi. Non vi è conciliazione possibile fra le razze in lotta, e l'unità della civiltà è d'uopo s'ottenga col sagrifizio di intere popolazioni, e precisamente di quelle che più si distinguono per le più alte qualità morali, la rettitudine, la dignità, il coraggio, la tolleranza!
I Greci, questi figli di rajà oppressi, che si considerano già come i padroni della Penisola, sono assai probabilmente in gran maggioranza i discendenti dei Joni e degli altri Greci del litorale; però, non potrebbero, presi in massa, pretendere alla purezza del sangue.
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