Tutti gli Elleni dell'Anatolia sono penetrati della "grande idea" e tutti conoscono il mezzo di compierla. Nessun popolo sa meglio assicurare l'avvenire coll'educazione dei fanciulli; a questo riguardo, la loro iniziativa eguaglia quella stessa degli Armeni. In ogni città le scuole sono la gran faccenda. I negozianti, dopo essersi intrattenuti del prezzo e della spedizione delle derrate, discutono i metodi pedagogici, apprezzano il merito dei professori, incoraggiano lo zelo degli scolari. Quando uno straniero li visita, s'affrettano a fargli gli onori degli stabilimenti scolastici e delle sale d'asilo, lo pregano d'esaminare i fanciulli, di dare il suo parere su tutte le questioni d'educazione, dalle quali dipende l'avvenire della loro razza. Un punto, sul quale tutti sono d'accordo, è che si tratta innanzitutto di sviluppare nella gioventù l'amore della loro nazione e l'ambizione del suo primato. Tutti gli Elleni imparano il greco antico e leggono i classici per conoscere quei tempi di grandezza e di gloria, che fecero dei loro avi gli educatori del mondo; tutti studiano la loro storia moderna e specialmente i grandi fatti della guerra dell'Indipendenza; sotto l'occhio compiacente del Turco che li governa, esultano alla gioia di scacciarlo un giorno; il lavoro della riconquista si prepara sui banchi della scuola. Così si compie a poco a poco, pacificamente, una vera rivoluzione politica. Per dotare e mantenere le scuole, speranza della nazione, non vi è sacrificio che non facciano le comunità. In vita sua, qualche ricco particolare costituisce colleghi a sue spese, e nei testamenti dei patrioti l'istruzione dei giovani elleni non è mai dimenticata.
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