Perfettamente riparata dai venti del nord e bene esposta al mezzodì, essa occupa una situazione molto felice per la stagione invernale; ma in estate, l'aria tranquilla, che si riscalda al riverbero delle rocce bianche, sembra ardente come il soffio d'una fornace.
Il ramo orientale del Sakaria, l'Enguri-su, inaffia le campagne della famosa Engurieh od Angora, l'antica città galata, divenuta il principale focolare della civiltà occidentale nell'Anatolia interna. La città non è bella; le sue case grigie, di mattoni crudi, hanno l'aspetto di casolari, e le colline dei dintorni, poco alte sulla pianura, che si trova già a più di 1,000 metri, presentano un profilo assai monotono, appena complicato da qualche sinuosità; l'elemento più pittoresco del paesaggio è la rupe di trappo nerastro, che chiude una cittadella dalla triplice cinta. Ma Angora, l'Ancira dei Greci e dei Romani, possiede gli avanzi d'un bel tempio, quello d'Augusto e di Roma, oggi chiuso nelle costruzioni della moschea di Hagii Beirami; colà si trova il prezioso "monumento d'Ancira", ossia l'iscrizione bilingue nella quale Augusto, nell'età di settantasei anni, racconta il suo regno, enumera i suoi atti, le sue conquiste, gli edifizî che ha costruito: appena nel 1861 il testo latino e la traduzione greca dell'iscrizione, sono stati definitivamente trascritti con tutta l'esattezza che richiedeva un documento storico di tale importanza [819]. Le mura e le porte di Angora sono in gran parte costruite con avanzi d'edifizi romani, templi, colonnati, anfiteatri.
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