A valle di Magnesia, la sola città del bacino è Menemen, allo sbocco delle gole del fiume ed all'imboccatura della sua pianura alluvionale. Essa può essere considerata già come un sobborgo di Smirne, cui alimenta in parte con i suoi legumi ed i suoi frutti, e che le invia, nei giorni di festa, migliaia di passeggieri.
Smirne, l'Ismir dei Turchi, la grande città commerciale del-l'Asia Minore, non è posta sulla spiaggia del mare libero; presso l'estremità orientale del suo golfo, ingiallito dalle fanghiglie dell'Hermus, essa è separata dalle acque azzurre dallo stretto passo, cui dominano le bianche muraglie del Sangiak-kaleh, il "Forte dello Stendardo". La città occupa una larga zona di terreni in pendìo dolce, più elevati a sud e verso il monte Pagus, che porta ancora gli avanzi di fortificazioni del medio evo costruite sulle fondamenta di un'antica acropoli. Per la bellezza pittoresca, Smirne è inferiore alla maggior parte delle città della Jonia asiatica e non pare meritevole delle lodi dell'antico oracolo: "Tre e quattro volte felici coloro che abitano il Pagus al di là del sacro Melete!". Appena qualche monumento alto si eleva sopra un oceano di case; solo, avvicinandosi alla città dal lato meridionale, si vede disegnarsi in tutta la sua maestà l'anfiteatro del quartiere turco, con le sue cupole, i suoi minareti ed i boschi di cipressi, che ombreggiano i morti. Tutte le montagne, che limitano l'orizzonte, sono spoglie d'alberi e non hanno altro verde che quello dei pascoli o delle macchie; esse hanno almeno l'eleganza dei contorni.
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