Quasi tutte le spedizioni del gran porto della Jonia consistono in prodotti agricoli ed industriali, che le ferrovie, penetrando già a centinaia di chilometri di distanza,[849] recano dalle valli dell'interno: uve,[850] fichi, cereali, oli, cotone, tabacco, oppio, pelli greggie e lavorate, tappeti e stuoie. L'importazione consiste in tessuti di cotone e tele, che vengono specialmente d'Inghilterra, in drappi di Germania, in sete lionesi, in stoffe ricamate, in metalli, in oggetti manifatturati d'ogni sorta; una volta gli Armeni di Smirne avevano il monopolio della fabbrica dei fazzoletti e dei veli; la loro officina è stata espropriata per la costruzione d'una stazione ferroviaria. L'aumento degli scambi è notevole da una decade all'altra, sebbene Smirne non tenga più lo stesso posto relativamente al resto dell'impero ottomano: nel 1816 il suo commercio esterno coll'Europa, di circa 70 milioni di lire,[851] rappresentava la metà del traffico di tutta la Turchia europea ed asiatica. La Francia, che nel secolo scorso aveva quasi il monopolio del traffico levantino, attualmente resta indietro all'Inghilterra pel valore degli scambi,[852] ma la eguaglia pel movimento marittimo [853] ed occupa ancora una posizione privilegiata, grazie al prodotto delle dogane, attribuito in parte alla compagnia francese, che ha scavato il porto attuale, costruito le gittate, i moli e le rive. Si vedono ormai poche traccie dell'antico porto, il quale s'avanza nell'interno delle terre presso la punta meridionale della città. I contorni ovali delle antiche sponde del bacino si ritrovano nelle costruzioni del bazar, che sorgono intorno l'accolta delle acque gradatamente ristrette.
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