La città di Scio, o Castro, - come è chiamata dal castello genovese che la domina, - occupa una situazione delle più felici sulla via seguita dalle navi, che costeggiano le spiaggie occidentali dell'Asia Minore; essa è lo scalo avanzato di Smirne sulla strada di Atene e dell'Occidente. A nord, si prolunga col sobborgo o meglio coll'immenso parco di Vrontado, abitato specialmente dai marinai; a sud, si continua colle mille ville di Campo, dove i negozianti si ritirano ogni sera. In tutti i tempi i Greci scioti si sono distinti pel loro genio mercantile; quelli che trovarono un rifugio all'estero durante la guerra dell'Indipendenza, approfittarono del loro esilio per fondare case di commercio in Occidente, a Londra, a Marsiglia, a Livorno, e grazie alla loro iniziativa, l'isola ha dovuto rifiorire. "La natura, si dice, li ha fatti negozianti e banchieri; essi diventano ricchi senza sforzo". Gli altri Greci diffidano di questi fratelli di razza tanto abili e spesso pretendono che si devono vedere in essi i discendenti d'una colonia ebrea o fenicia; del resto, gli Scioti hanno realmente qualche cosa del tipo semitico, specialmente le donne, che si distinguono per la nobiltà e la regolarità dei lineamenti. Come gli Ebrei, gli Scioti evitano di unirsi agli stranieri od agli Elleni delle altre isole; i matrimoni si fanno soltanto tra di loro, e quando si tratta di scegliere un corrispondente di commercio, essi prendono sempre un membro della loro famiglia; in questo modo, da un capo all'altro della terra, gli affari si trattano fra parenti [859]. Pieghevoli ed insinuanti, gli Scioti sono del pari molto abili a conquistare gli onori: il numero degli alti funzionari originari dell'isola è assai notevole alla Corte ed in tutti i pascialati dell'Impero.
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