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      Tavola 52.png - SCIO. -- VEDUTA PRESA DOPO IL TERREMOTO. Disegno di E. Schiffer, da una fotografia].
      Fuori delle sue depressioni, Scio non è spontaneamente fertile. La pietra, composta quasi dovunque di marmo azzurrastro a grossi cristalli, è ricoperta da un sottile strato di terra vegetale. S'è dovuto creare il molo e trattenerlo sugli scaglioni disposti a gradinata sul fianco delle montagne; si è dovuto del pari cercare le sorgenti in seno alla roccia, condurle alla superficie e distribuirle in canali: l'isola è diventata feconda grazie al lavoro dell'uomo. Gli Scioti sono fra i Greci gli orticultori più abili, e si ricercano come giardinieri a Costantinopoli, a Smirne e persino in Italia; è un'espressione proverbiale che "la terra migliora fra le loro mani". Grazie a quest'aspro lavoro ed al suo clima felice, Scio, ricchissima di frutta d'ogni specie, esporta da 35 a 40 milioni d'aranci ogni anno, da 40 a 50 milioni di cedri, poi uve, fichi e le gomme del lentisco e del terebinto, che si adoprano per preparare il "mastice", masticato da tutti gli Orientali, e l'altro "mastice" che è il principale liquore forte del Levante [860]. Una singolarità notevole della vegetazione nell'isola di Scio è che l'olivo, l'albero per eccellenza dell'Oriente greco, dà frutti soltanto ogni due anni. In compenso il lentisco, sterile o poco produttivo nelle altre isole e sul continente, secerne nelle campagne meridionali di Scio la resina preziosa, che ha fatto dare all'isola intera il suo nome turco di Sakiz Adassi.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume IX - L'Asia Anteriore.
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1891 pagine 1124

   





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