[Tavola 54.png - EFESO. -- ROVINE DELL'ACQUEDOTTO E DELLA CITTADELLA. Disegno di Slom, da una fotografia comunicata dal signor Héron].
Nondimeno delle Compagnie di battelli a vapore, in lotta d'interessi con la "Società delle gettate di Smirne", ripigliano spesso l'idea di stabilire nella Nuova Efeso un gran porto, con tutto il corredo industriale moderno, e di costruire una via speciale verso la valle dal Meandro per deviare gli scambi a loro vantaggio [863]. Ad ovest, non lontano dalla montagnola, che porta le rovine di Neapolis, la borgata greca di Sciangli si cela in un piccolo bacino di verdura sulla riva d'un torrente, ombreggiato di platani: sarebbe il Panionum dove i delegati delle città joniche venivano a deliberare sugli interessi della confederazione [864]. Oltre Sciangli la costa non ha più nemmeno un borgo, ma appena qualche casa isolata.
L'antica capitale dell'isola di Samo, che uno stretto di alcuni chilometri separa dalla penisola di Mycale, è sparita come Efeso, e di tutti i suoi templi si è conservata un'unica colonna, avanzo dell'Hereion, il santuario più venerato di Hera in tutta la Jonia asiatica. Una piccola città, chiamata Tigani, o la "Pentola", a causa della forma circolare del suo porto, è sorta sul luogo stesso dove si trovava il quartiere commerciale al tempo di Policrate; sopra una terrazza delle montagne, in mezzo alle vigne ed alle piantagioni d'olivi, un'altra città, dalle case scaglionate e dalle strade tortuose, Khora, il "Luogo" per eccellenza, occupa il posto d'un quartiere dell'antica Samo, la patria probabile di Pitagora: il resto della pianura, un tempo coperta d'abitazioni, non ha più che rovine informi, sparse nelle paludi e nei terreni coltivati.
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