D'estate, la città diventa insalubre, e gli abitanti agiati fuggono nelle valli del Bulgar-dagh, ai bagni d'Ishmeh, a Kozneh, a Nemrun, a Gulek-bazar, presso le Porte Cilicie. Quello che forma il bello di Tarso è il suo vasto giardino, verdeggiante cintura, da cui s'intravvedono arcate infrante, pile vacillanti, avanzi d'un acquedotto romano; ma tutte queste rovine, sembrano meschine, quando, allo svolto d'un sentiero ombroso, si è in presenza dell'enorme Dunuk-tash, o "Pietra Caduta". Questo vasto quadrangolo di muratura, vuota all'interno, ha l'aspetto d'un blocco gigantesco. Veduto dalle rive del Cydno, attraverso i rami dei cipressi e degli alberi da frutto, il Tash sembra una balza verticale di arenaria: si direbbe un'opera della natura, quali se ne incontrano spesso nei paesi sconvolti dagli agenti geologici. Questo strano edilizio, evidentemente antichissimo, ha quasi 90 metri di lunghezza, senza contare le costruzioni accessorie; la sua lunghezza è di 42 metri e la sua altezza di 8 metri circa; le lastre di marmo bianco, che rivestivano la muraglia, sono sparse al suolo. Come è rappresentata in certe medaglie, la potente massa avrebbe servito di piedestallo ad una statua di monarca coll'arco e colla faretra, ritta sopra un animale simbolico, armato di corna. Gli scavi praticati non hanno svelato la sua età nè la sua destinazione. Alcuni dotti ci vedono un luogo d'oracoli; secondo l'archeologo Langlois, che s'appoggia ad un testo di Strabone, sarebbe la tomba del primo Sardanapalo, rifugiatosi in Cilicia dopo la perdita del regno: l'edifizio portava senza dubbio all'apice la statua colossale di stile assiro, riprodotta su numerose monete di Tarso [892].
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