Dal loro canto le tribù d'Israello, benchè vivessero all'interno e cercassero di tenersi separati dai loro potenti vicini per restare indipendenti, avevano pure colle loro emigrazioni forzate contribuito al miscuglio della civiltà nella stretta regione del litorale siriaco. Venuti dall'Egitto attraverso gli accampamenti del deserto e delle valli oltre il Giordano, poi trasportati in Babilonia e sui pendii degli altipiani iranici, gli Ebrei riflettono nel loro genio quello dei popoli fra i quali hanno vissuto; a dispetto del loro odio e della loro diffidenza per lo straniero, essi finiscono col rassomigliargli un poco, coll'accettare le sue idee e mescolarle alle proprie. Poi, come mercanti viaggiatori in tutti i paesi del mondo mediterraneo, essi prendono una parte dell'eredità commerciale di Tiro e del Sidone, e, come queste, fanno del loro paese il centro comune del mondo antico. Così l'influenza greco-romana s'aggiunge a quelle dell'Egitto, della Caldea, della Persia, dell'Arabia. Dappertutto le popolazioni, colla tentazione di considerarsi come aventi sole diritto al nome d'uomini, esagerano la grandezza della loro patria e vogliono trovare in essa il centro dell'universo; ma si può dire che, nella regione compresa fra l'Eufrate e l'istmo di Suez, questa pretesa di occupare il punto di mezzo delle terre è giustificata. Là non si trova, è vero, il centro geometrico dei tre continenti, Asia, Africa, Europa; ma nessun luogo di passaggio è più importante nel mondo mediterraneo di quello che la strada che ha per tappa Damasco e Gerusalemme.
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