La tradizione cambiò soltanto dopo Giustiniano, quando egli ebbe fatto costruire una fortezza presso il Giebel-Katherin e nelle vicinanze sorse un nuovo convento. Una volta gli Arabi vi andavano a sacrificare pecore e portare fasci d'erbe, - quello che la natura dà loro di più prezioso,[966] - ma essi non hanno alcuna tradizione che faccia del Serbal il "trono d'Allah" o la "Sedia di Mosè"; la loro venerazione è rivolta ad una piccola cima, situata a nord-est, il Giebel-Monneigia, o il "monte del Colloquio", che dicono sia la cima, dove Mosè "conversava con Dio" [967]. Circondato da uadi inferiori in altezza a quelli del Giebel-Katherin, il Serbal tocca un'altezza relativa più grande, ed in ogni tempo gli Arabi videro in esso il gigante della Penisola. Certo è il più grandioso: sopra i contrafforti sorgono le sue pareti nude, tagliate da precipizi e terminate da una cresta, apparentemente insuperabile, frastagliata di guglie e piramidi. Si può ascendervi però, e dopo Burckhardt parecchi Europei ne hanno fatto la salita. Per un fenomeno mineralogico piuttosto raro nel granito, si trova che in certe parti del Serbal sono scavate grotte naturali. I cristalli di felspato si sono disposti nella roccia in forma di raggi divergenti, ed essendo i primi attaccati dall'azione del tempo, lasciano, disgregandosi, cavità profonde, che gli anacoreti hanno utilizzato per farne le loro dimore. D'ordinario i fedeli considerano queste caverne come l'opera degli eremiti medesimi, ma la natura ne ha fatto quasi tutte le spese: l'uomo non ha avuto che da completarne l'adattamento, tagliando nella pietra banchi ed altari grossolani [968].
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