È la fontana El-Figieh, sul versante orientale dei monti: nella geografia popolare, la sorgente permanente è costantemente tenuta per la "testa dell'acqua"; là sorgevano le ninfee e si celebravano le feste religiose. Un acquedotto riceveva il ruscello del Figieh e lo portava direttamente a Damasco; oggi l'acqua pura si mescola all'onda lattiginosa del torrente superiore e di forra in forra discende con essa verso la pianura. A monte dei giardini si divide in canali d'irrigazione per ramificarsi in mezzo alle coltivazioni; poi le acque di spurgo si riuniscono di nuovo nelle praterie paludose. Quando parecchi anni umidi si sono susseguiti, l'acqua del Barada e dei canali, che ne derivano, del pari che quelle del fiume Pharphar o Nahr-el-Aruad, disceso dall'Hermon, s'espandono in bacini, indicati anzi col nome di "laghi" o di "mari"; ma questi pretesi laghi, che hanno fornito ai poeti dell'Oriente così brillanti paragoni, questi "azzurri zaffiri circondati di smeraldi", sono nel fatto tristi pianure alternativamente coperte d'acqua od asciutte: e ordinariamente sono a secco. Per anni ed anni consecutivi il viaggiatore non vi trova altra acqua che quella dei pozzi scavati dagli Arabi. Qua e là nei bassifondi si vedono dei pantani e le macchie di canne, dove si rintanano i maiali selvatici; altrove l'antica riva è indicata da linee di tamarischi. Efflorescenze saline coprono il suolo e si mescolano alla sabbia ed ai detriti di conchiglie, che il vento porta lontano nella pianura [979].
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