L'una e l'altra, Sidone e Tiro, Saida e Sur, egualmente diroccate, non sono più che umili città. Sidone, chiusa in una cinta di rovine, non ha più nemmeno un porto, fuori che per le barche degli Arabi. Il bacino del nord è invaso dalle fanghiglie, ed i fanciulli, dice il signor Guérin, lo attraversano giuocando: era un vero dock, limitato dalle due parti da rupi e scogli, ed a nord-est da un ponte di nove arcate ogivali che collega al continente il pittoresco "Castello del Mare" o Kalat-el-Bahr. Esso comunicava per uno stretto, oggi quasi colmato, col porto del sud, adesso troppo esposto ai venti del largo perchè le navi vadano ad ancorarvi. La città moderna, dove Metuali, Maroniti, Greci, Levantini ed Ebrei vivono accanto ai musulmani sunniti, è in gran parte costruita colle rovine dell'antica; un piccolo museo si trova nel khan "francese", che sorge presso la spiaggia del porto settentrionale, che fu nel secolo decimosettimo lo scalo del commercio della Francia in Siria. Se l'antica metropoli del vasto impero coloniale dei Fenici non ha più monumenti, almeno essa è, come in altri tempi, "Sidone la Fiorita"; nessun'altra città siriaca, fuori forse di Damasco, è circondata di giardini più belli, nessuna ha più bei fiori e frutti migliori; da alcuni anni Sidone fa concorrenza a Giaffa per la produzione degli aranci: l'ettaro dei giardini è stimato dal valore medio di 15,000 a 18,000 lire. Fuori della città, nella necropoli che si stende a sud-est, alla base delle coste calcari, si trovano gli avanzi più curiosi dell'antica Sidone, pozzi, sotterranei e sarcofaghi: una di queste tombe, quella del re Echmunazar, di stile puramente egiziano, ha meritato d'essere trasportata al Louvre per la sua preziosa iscrizione fenicia.
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