Una di esse è designata come il "sepolcro d'Hiram": la leggenda, infatti, doveva trovare nell'antica Tiro almeno una pietra che ricordasse il nome del re costruttore, la cui memoria presiede ancora alle assemblee dei "muratori" desiderosi di ricostruire il mondo. Così pure essa indica come "pozzi di Salomone" antichi serbatoj, nei quali si versano le acque abbondanti del Ras-el-Ain per ramificarsi nei mille canali della pianura; esse alimentavano un tempo un acquedotto, adesso diroccato, che si dirigeva a nord verso la montagnola o tell Maasciuk, e vi si biforcava. Uno dei bracci penetrava nella città insulare: due sorgenti che scaturiscono presso Sur, nell'istmo sabbioso, sono probabilmente in comunicazione sotterranea coi pozzi di Salomone. Sebbene piccola, la Tiro attuale, abitata da Sunniti, Metuali, Ebrei e Greci dei due riti, è una città prospera; il suo porto, semplice insenatura dell'antico porto settentrionale, fa un certo commercio di cotone e di tabacco. Scavi intrapresi nel 1874 fra le rovine dell'antica cattedrale per cercarvi la tomba di Federico Barbarossa, hanno fatto scoprire magnifiche colonne semplici e geminate di granito e sienite egiziana.
Il bacino di Leontès o Kasimiyeh, le cui esportazioni si fanno ancora per lo scalo di Tiro, non ha città nella sua parte inferiore. Bisogna risalire fino alla depressione della Bekaa, ed anche fuori della regione delle sorgenti del Leitani, prima di giungere ad agglomerazioni urbane. La principale, per il numero, l'attività industriale e commerciale degli abitanti, è Zahleh, città di cristiani siriaci e greci, costruita in anfiteatro sui pendii d'una collina, che è tagliata dalla cascata di un torrente; a nord, le balze dirupate si rialzano verso il Giebel Sannin; il nome della città ricorda uno "scivolamento" del suolo che la fece discendere da un livello superiore [1076]. Vigneti circondano Zahleh, e nella pianura vicina tutti i ruscelli sono fiancheggiati di pioppi.
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