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      La vista di Damasco è una delle meraviglie dell'Oriente. Dalle alture che la dominano a nord e ad ovest, essa appare bianca e rosea in mezzo al verde; i suoi sobborghi, prolungandosi lontano fra i giardini, sono nascosti qua e là dalle masse dei grandi alberi; qualche bacino d'acqua scintilla sotto le palme. Ma il contrasto è brusco quando si penetra nelle vie tortuose. Come nelle altre città d'Oriente, le case, anche le più suntuose, non sono belle che all'interno, intorno alle acque zampillanti ed alle ajuole fiorite. La città propriamente detta, occupata nell'angolo nord-occidentale da un castello quadrangolare, ha la forma d'un ovale, il cui grand'asse è diretto da est ad ovest; essa è attraversata in questo senso da una lunga via, la "Via Dritta", che ha sostituito un superbo viale di colonne erette all'epoca romana. Essa è ancora l'arteria del commercio, ma le vie tortuose che vi si rannodano sono quasi deserte; la notte, i diversi quartieri sono separati da porte, che li trasformano in altrettante città distinte [1083]. A nord il sobborgo d'El-Amara si ramifica sulla riva opposta del braccio principale del Barada; a sud, un altro sobborgo più notevole, il Meidan, si prolunga per più di due chilometri sulla strada della Mecca. L'edifizio principale di Damasco è la "grande moschea", antica basilica romana, di cui restano alcune colonne, le une isolate, le altre incorporate nelle costruzioni della moschea e dei bazar circostanti. Sebbene i cristiani abbiano appena da qualche anno il permesso d'entrare in questo edifizio, ne parlano con molta venerazione, perchè esso fu già loro chiesa, ed alcuni dei loro santi vi riposano, fra gli altri, così dicono, Giovanni e Zacaria.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume IX - L'Asia Anteriore.
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1891 pagine 1124

   





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