All'interno si mantengono le belle proporzioni della moschea; però nel centro il pavimento regolare è bruscamente interrotto dalla sporgenza d'una rupe, la famosa Sakhra, che s'identifica colla cima del monte Morijah: colà i sacrificatori sgozzavano le vittime, il cui sangue colava per caverne nel torrente del Cedron; di là Maometto si slanciò verso il cielo; di là zampillavano una volta le quattro sorgenti del Paradiso; è la pietra di fondazione del mondo. Nello spazio di circa 14 ettari, chiuso dal muro quadrato della Sacra Cinta, s'innalzano altre moschee e diversi monumenti, che riposano su fondamenti antichi. Scavi recenti hanno permesso di riconoscere una gran parte di queste fondamenta, specie i sotterranei, nei quali si rifugiarono centinaia d'Ebrei, all'epoca della presa del tempio per opera dei soldati di Tito; quelle gallerie a vôlta facevano parte dei lavori giganteschi intrapresi per trasformare in una terrazza unita la cima cui coronava il tempio; in certi punti si sono ritrovate le prime fondazioni a 30 ed anche a 38 metri di profondità sotto la superficie presente. Prima della guerra di Crimea, i cristiani, che oggi esplorano in tutti i sensi il suolo e il sottosuolo di Gerusalemme, erano rigorosamente esclusi dalla Cinta Sacra; solo un piccolo numero, travestiti da musulmani, v'era penetrato con pericolo della vita. Ancora attualmente l'ingresso dell'Haram-esh-Scerif è proibito agli Ebrei; tutti i venerdì essi si riuniscono sulla piazza "dei Pianti"; fuori del muro occidentale, per recitare le lamentazioni di Geremia e toccare almeno quelle mura che non possono più oltrepassare.
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