Ad est della terra di Madian si distende un altro Harra, egual-mente vulcanico, conosciuto soltanto dagli Arabi: di là pro-vengono i mortai e le mole di basalto, di cui si servono gli indigeni della costa vicina. Il dizionario geografico di Yakut segnala non meno di ventotto "Harra" fra il Giebel-Hauran e Bab-el-Mandeb. Il solo di cui si dica che è stato attivo nel periodo storico, è l'"Harra del Fuoco", che sorge a nord-est di Medina, presso la città di Kheibar. La tradizione racconta che era in eruzione sei secoli prima di Maometto e che vomitò ancora lave sotto il califfato d'Omar; la montagna sacra d'Ohod appartiene a questo gruppo di vulcani. L'esploratore inglese Beke, cercando di riconoscere il Sinai degli Ebrei, pensa d'averlo trovato fra i monti a cratere d'un Harra d'Arabia: così egli spiega la nuvola di fumo durante il giorno, di fuoco durante la notte, che guidava gl'Israeliti nel deserto [1125]. Le bocche eruttive, che sotto un altro clima sarebbero bacini lacustri, offrono talvolta nel loro fondo angusti stagni fangosi, che presto svaporano; restano strati d'argilla sdrucciolevoli, difficilissimi ad attraversare. Le strade che solcano la regione "Arsa" si riconoscono appena da un leggero riflesso prodotto alla superficie delle pietre dal passaggio delle carovane per centinaia e migliaia d'anni: in certi punti la roccia è talmente dura che i passi non hanno potuto darle la minima levigatezza; la via da seguire è indicata soltanto dagli escrementi dei cammelli, che i Beduini appiattiscono, camminando, per attaccarli alla roccia.
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