Molte meduse, simili a bragie, galleggiano sulle onde in lunghe striscie di luce, che si riflettono sulle vele [1153]. I Wahabiti vedono in queste fiamme marine un riflesso dell'inferno [1154]. La maggior parte dei marinai dice che sono i gioielli delle sirene, i quali rilucono soltanto in fondo al mare, mentre all'aria si offuscano e svaporano [1155].
Nelle acque di Bahrein, come nel "mar delle Figlie" e in quasi tutta la costa araba del golfo Persico, la grande occupazione dei rivieraschi da maggio ad ottobre è la pesca delle perle. Le concrezioni delle ostriche perlifere non sono nei mari d'Arabia così bianche come quelle di Ceylan e del Giappone, ma sono più grosse e d'una forma più regolare; conservano del pari più a lungo la loro acqua dorata, mentre le perle bianche di Ceylan perdono rapidamente il loro splendore, specie nei paesi caldi. Le perle di Bahrein sono le più stimate anche dal punto di vista medico, attribuendo gli Arabi e i Persiani una gran virtù di guarigione ai pezzi macinati delle gemme. L'industria della pesca non è decaduta sul golfo Persico come in tanti altri paraggi. Nel solo arcipelago di Bahrein, circa cinquantamila marinai attendono nello stesso tempo alla pesca delle ostriche perlifere, e su tutta la costa compresa fra Koveit, presso le foci dello Sciat-el-Arab, e la costa dei Pirati, non lontano dall'imboccatura del golfo, stazioni secondarie sono stabilite in vicinanze dei banchi. In virtù delle usanze, origine del diritto, le perle appartengono a tutti gli abitanti del litorale; soltanto essi possono andare a raccogliere le ostriche sul fondo marino ed ogni pescatore straniero sarebbe ignominiosamente scacciato; però quasi tutti i profitti della pesca appartengono in anticipazione ai prestatori, Indù od Arabi, che con prestiti usurai hanno fatto dell'equipaggio dei tuffatori una ciurma di schiavi.
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