Nella cuspide australe gli Inglesi si erano arrestati presso le solitudini paurose del deserto di Calahari, ed i Boeri, gelosi della libertà così cara in ogni tempo alla materna Olanda, si erano quasi inselvatichiti tra le più feroci tribù del continente. Nell’Africa settentrionale disegnavasi come un preludio di maggiori scoperte, se già da molti anni il problema oscuro del Nilo seduceva popoli e governi, se spedizioni scientiche o in armi, con varia fortuna, avevano attraversato il Sahara, e l’Abissinia manteneva cogli Europei qualche rapporto civile. Ma subito oltre il deserto incominciava l’impero vastissimo della nostra ignoranza, ed era poco meno che assoluta, dopochè D’Anville, con severa critica geografica, aveva cancellato tutte le designazioni che cartografi ingenuamente ignoranti avevano tratto dai viaggiatori. Lo stesso deserto, co’ suoi fenomeni paurosi di sabbie e di venti, ci appariva barriera insuperabile, secondo la tradizione antica dei Romani, ai quali piaceva collocare ai confini della loro onnipotenza cotesti limiti di forze superiori, posti dalla natura o dai Numi.
Dentro a quell’immenso spazio bianco, si muovevano però popolazioni numerose e diverse, commerciavano per secolare consuetudine gli Arabi, ed avevano trovato un estremo rifugio le favole cosmiche, sbandite altrove dalla scoperta. Le nazioni europee avevano combattuto guerre e speso milioni e milioni per combattere la tratta dei neri, nè l’avevano potuta colpire nel cuore. Mercatanti portoghesi, e prima pisani e veneziani avevano attraversato in parecchie direzioni il continente, ma le gelosie commerciali e l’ignoranza non si piegarono, come avvenne nel carcere di Genova a Marco Polo, a narrare le vedute meraviglie.
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