Sui mercati del litorale, in Egitto, al Capo, offrivano avorio, oro, gomma, caffè, legnami preziosi ed altri prodotti, bastevoli, se davano nome ai litorali, a procurarci una idea delle interne dovizie, ed a smentire gli antichi che avevano creduto la torrida, come la gelata zona, perpetua solitudine mersa.
Doveva pur suonare l’ora del riscatto anche pel «continente nero», e parve anzi per un istante non tramonterebbe questo secolo grande, senza che l’Africa fosse anch’essa civile, esercitasse una influenza sulla storia e sui destini del mondo. Sulle soglie interne del gran deserto si disegnarono Stati educati alla mezza civiltà del Corano; uscirono come per incanto d’in fra le sabbie oasi popolate e fiorenti, e dovunque si venne segnalando un formicolio fitto di carovane e di bande di scorridori e di predoni. L’Egitto, disegnando, anche per la troppa fretta, sull’arena, una copia del vetusto impero faraonico, diede tempo alla geografia di esplorare tutto il bacino del Nilo, e stringerne in sempre più ristretto spazio le contese scaturigini. I grandi laghi dell’equatore si vennero distinguendo e disegnando, e fu tracciato il gran fiume che doveva dar nome ad un nuovo Stato. E fra questo e le colonie britanniche, ampliate ancor esse, quasi accenno all’impero suggerito da Cameron, una folla di esploratori, sulle orme del gran Livingstone e dell’audacissimo Stanley, venne distrecciando gli oscuri viluppi di fiumi, ci dispiegò agli occhi un curioso caleidoscopio di razze e ci consentì descrizioni sempre più complete ed esatte di tutto il continente interposto.
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