Anche il provvedere alla loro alimentazione, in paese così ricco d’ogni ben di Dio, è talvolta difficile. Non tutta l’Africa può paragonarsi all’arca di Noè, come apparvero a Livingstone le rive del Bangueolo, nè è tale da solleticare un cacciatore come Antinori. Dove sono passate carovane di schiavi, dove imperversò l’uragano o divampò la guerra, non rimane un prodotto, per umile che sia, il quale basti a far tacere la fame.
Cotesti pericoli sempre imminenti di soccombere di febbri, di contagi, di fame, in paesi ai quali la natura fu così prodiga d’ogni dono, non sono i soli che minaccino i viaggiatori europei. Vanno a mandre elefanti, rinoceronti, bufali selvaggi, rugge il leone, e il coccodrillo formicola nei fiumi. Dovunque serpenti fra le erbe insidiose, legioni di scimpanzè e di gorilla mostruosamente svelti e feroci, formiche bianche, che penetrano dovunque e viaggiano in galleria fin sotto la pelle dell’uomo, zanzare minutissime che penetrano dappertutto a dare il più disperato tormento, vampiri che suggono il sangue, scorpioni che lo avvelenano. L’Europeo è presto esausto, là dove avrebbe bisogno del maggior vigore di membra, della maggiore energia di volontà; lo assalgono inevitabili febbri malariche, dispepsie, dissenterie, epatiti; il sole lo abbrucia e l’acqua lo rende impotente al cammino, mentre lo minacciano l’ulcera africana; le oftalmie, le infezioni d’ogni sorta, le punture ed i morsi di entozoari e di epizoari e di formiche, di leoni, di miriapodi e di serpenti.
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