Ai missionari che parlano loro d’un Dio mite e buono chiedono di far discendere sui loro campi la pioggia ed il sole; ai commercianti additano gli orrori della tratta, che furono da principio temperamento, ma sono ora cagione unica di guerre sterminatrici; gli scienziati che recano strumenti e misurano i profili del suolo o gli abitanti, hanno in conto di stregoni nuovi, e i vecchi aizzano contro di loro le plebi selvaggie per amore di bottega. Laonde, se a pochi riuscì di penetrare col Vangelo alla mano, se altri prevalsero con esemplari terrori, tutti coloro che non ebbero virtù di santi o audacia di leoni riuscirono a povera meta od a miserrima fine.
Nocque e nuoce assai al progresso della scoperta africana anche l’ignoranza di molti, per cui si fanno spedizioni numerose, e la dappocaggine per cui si lascia credere da qualche potenza che i propri cittadini possano impunemente essere spogliati ed uccisi. Nulla giovarono, è vero, a Baker pascià i milioni spesi, e fallì l’impresa tedesca del Congo, così largamente preparata e meditata, come a misero fine riuscirono le spedizioni organizzate con tanta cura e con grossi dispendi dal signor di Decken e dalla Tinnè. Nè diedero certamente risultati proporzionati le spedizioni italiane, specialmente quelle che più richiesero per i loro apparecchi. Dove invece gli esploratori, ai quali dobbiamo la maggior luce che si è fatta sull’Africa, procedettero audacemente o mitemente, ma quasi sempre soli. E possono dirsi veri eroi della geografia Burton, Speke, Grant, Livingstone, Schweinfurth, Nachtigal, Cameron, Stanley, Brazzà, Matteucci, Antinori, Gessi, Piaggia, Cecchi, Bianchi.
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