Il pensiero del profetico fondatore di Alessandria e della vittoriosa rivale di Cartagine è divenuto l’istinto dell’Europa civile, il bisogno dell’Italia. Ma ora le conquiste vere si fanno studiando. Conoscere vale quanto possedere, perchè solo conoscendo si può discernere ed eleggere il meglio dal possesso, e per conoscere davvero, non bisogna starsene solo ai libri, ma convien fare, e noi si ha a far subito, a non voler essere gli ultimissimi. Questa crociata (e Dio voglia che sia davvero crociata di civiltà), si predica da più anni ed ora siamo all’assalto generale. Tutti gli screpoli sono stati spiati, tutte le porte scassinate, tutte le breccie aperte. La Numidia divenuta europea, promette di correggere i suoi mari importuosi e di convertire il deserto; il rinato impero faraonico sente la necessità di assicurarsi la strada maestra all’Africa centrale e di ricongiungere alla seconda capitale dell’Islam i neofiti del Sudan equatoriale. E a noi? In tanto affollamento di genti e di Stati, che ci chiudono d’ogni parte l’orizzonte, cotesto dell’Africa è ancora l’unico spiraglio da cui ci si mostri un po’ di tempo scarico e di spazio libero. Ci è permesso, se pur ci è permesso, di aspirare al deserto. E almeno nessuno ci potrà impedire di muoverci per muoverci, e per non lasciarci morire addosso il sangue e la volontà».
Della gloria che ci eravamo promessa una sola parte non ci è mancata, quella tragica delle necrologie. Il che fece dire ad alcuno che «la fortuna in Africa non è italiana!
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