». Certo che dei poveri di spirito non è il regno della terra. Di chi la colpa se Cartagine ci venne ripiantata sugli occhi, se la clientela egiziana ci venne misurata con mano incerta e scarsa, se dietro a Giulietti e ai compagni suoi soccombettero Bianchi, Porro, e poterono esser trucidati, dopo questi, cinquecento italiani in disuguale e mal preveduta battaglia? Dobbiamo noi accusare la fortuna del diverso risultato delle intraprese teutoniche e delle italiane? Quando una spedizione militare italiana, più a caso che per effetto di meditati propositi, metteva piede sul suolo africano, la Germania iniziava il suo pacifico dominio su colonie, le quali hanno già più che raddoppiato, a ragione di superficie, l’impero. Assab doveva essere, come fu Angra Pequena, prefazione sapiente, non ad un libro buttato giù a caso ed in fretta, ma al risultato di feconde meditazioni e di civili energie. Stavano davanti a noi vari sistemi di colonizzazione, dalla pacifica espansione commerciale della Germania, che non le costò fino ad ora quasi goccia di sangue, alla conquista che i Russi proseguono nell’Asia col metodo e coll’audacia dei nostri antichi Romani. Ed avevamo anche davanti l’ilota inebbriato ad educazione del fanciullo spartano, le imprese della Francia in Algeria e nel Tonchino, certo non ingloriose, ma sproporzionate affatto ai sacrifici ed ai risultati. Senonchè bisognava avere un proposito fermo e a quello attenersi, non oscillare incerti fra i due estremi, per fermarsi poi alla ripetizione degli errori che era più facile evitare.
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