In questi pigmei si è tentati di vedere un residuo di popolazioni aborigene, a cui una razza più forte strappò il dominio della terra(43). Infine, gli abitanti del Madagascar si connettono solo in parte agli Africani, mentre in parte sono d’origine malese: vi è attestata, come nelle piante e negli animali, l’indipendenza geografica dell’isola; ma nelle Comore la lingua è africana.
L’orgoglio di razza, del quale gli storici non diffidano abbastanza, ha dato origine al pregiudizio assai diffuso che gli Africani non abbiano contribuito in alcun modo all’opera generale della civiltà. Il primo quadro, che si presenta allo spirito, è quello del re di Dahomey, che celebra la gran festa facendo sgozzare individui in massa e riempire un lago di sangue; oppure si vede apparire l’immagine delle orde armate del Monbuttù che si precipitano in battaglia digrignando i denti e gridando: «Carne! Carne!». Ma questi quadri orribili non riassumono tutta la storia dell’Africa. Invece lo studio dei nostri stessi progressi ci riconduce forzatamente verso il bacino del Nilo, che è pur terra africana! Contemplando la lunga prospettiva del passato, ben oltre i tempi eroici della Grecia, dove nacque la nostra cultura specialmente europea, risaliamo di secolo in secolo alle età in cui si eressero le piramidi, a quella in cui il primo aratro lavorò le terre grasse deposte dal Nilo. Nell’Egitto ritroviamo i più antichi documenti della storia positiva: pei rivieraschi del gran fiume i diritti di primato come autori di civiltà erano così bene stabiliti, che gli Elleni stessi nella terra nilotica ravvisavano la culla comune degli uomini.
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