Quivi, sbarcando, i negrieri trasmettevano ai capi vicini i loro ordini; si facevano delle razzie nei dintorni; bentosto gli uomini validi richiesti, colle manette ai polsi ed il collare di ferro, sfilavano davanti il mercante, che li pagava in tele, fucili, polvere, conterie. Sono noti gli orrori della traversata sopra i navigli della tratta, dove, per economia dello spazio, i negrieri stivavano i vivi come cadaveri in una tomba, ed il tifo, la sete, il caldo, a volte la morte volontaria, facevano in pochi giorni larghi vuoti. Non è possibile valutare le moltitudini degli esseri umani, che la tratta ha sacrificato colle guerre provocate su tutte le coste dell’Africa, le epidemie propagate, le rivolte e gli eccidii consecutivi. Gli Africani trasportati nel Nuovo Mondo vanno calcolati a milioni e milioni, e tuttavia la popolazione di colore, composta quasi unicamente d’uomini, non vi s’accresceva che a rilento; solo in questo secolo si è stabilito l’equilibrio dei sessi nella razza esiliata. Attualmente gli Americani di razza pura o mista, che hanno dei Nigrizi per antenati, superano i 25 milioni, e fra loro un milione e mezzo non è ancora affrancato; ma, dopo la sanguinosa guerra civile, terminata negli Stati Uniti colla liberazione dei negri, quest’antica forma di servitù è condannata definitivamente, e le sue ultime cittadelle, Brasile e Cuba, vedono giorno per giorno diminuire il numero degli schiavi. Nell’Africa stessa l’istituzione è colpita a morte per la chiusura dei mercati esteri, e, checchè se ne dica, il numero delle barche arabe o no, che sulle spiagge dell’oceano Indiano giungono a forzare il blocco per l’esportazione degli schiavi, è poco considerevole(57). Ma ve n’ha ancor molti che passano il mar Rosso, sfidando gl’Inglesi d’Aden, i Francesi d’Obock e gl’Italiani d’Assab, e le vittime annue della caccia dell’uomo nell’interno dell’Africa si contano ancora a decine di migliaia.
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