Gl’indigeni dissero a Speke che quella regione, compresa tra il gran lago e le alte montagne del littorale, è tutta sparsa di laghi e di fondi salini, simili a quelli che gl’informatori arabi di Denhardt, Erhard, Wakefield hanno scoperto più al settentrione. Non ha guari si sarebbe pur potuto credere che fiumi copiosi discendessero dal versante occidentale della gigantesca montagna dell’Africa, il Kilimangiaro, che aderge i suoi due picchi nevosi a 400 chilometri ad oriente del N’yanza; ma le acque che vengon fuori dai burroni di quell’enorme vulcano prendono principalmente la direzione dell’oriente e del mezzodì per versarsi nel mar delle Indie, ed i ruscelli poco abbondanti del versante occidentale si vanno a perdere negli avvallamenti dell’altipiano. I corsi d’acqua che Stanley ed altri viaggiatori hanno riconosciuti sulla costa orientale del N’yanza non sono fiumi considerevoli, e nascono ancor lungi dal Kilimangiaro. Il punto culminante dello spartiacque fra il versante del mar delle Indie e quello dell’alto Nilo non ha l’altezza delle cime orientali, e somiglia piuttosto ad un’alta ripa scoscesa che termina di botto ad oriente e s’inchina dolcemente dal lato di occidente; di tratto in tratto si ergono dei vulcani su quest’alta ripa, e secondo gli Arabi, la cui testimonianza è stata di recente confermata da quella del viaggiatore Fischer, parecchi di questi monti offrono ancora segni di attività; anzi avrebbero avuto luogo alcune eruzioni. Uno dei coni è il Dunyengai o Monte Celeste; due cime portano il nome di Dunyemburo o Picco del Fumo, ed acque termali sgorgano in copia dalle loro fessure.
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