Al largo del lido di Ganda, fra l’alto mare e i golfi delle coste, si prolunga in catena continua un arcipelago di quattrocento isole, il cui gruppo più notevole porta il nome di Sessè. I paesaggi di questo mondo insulare sono ancor più svariati di quelli delle rive dell’Uganda e la vegetazione più ricca: alberi superbi ricoprono le pendici fino alle spiagge cui circonda una cintura di papiri. Ad occidente un’isola basaltica, il Buckerebe, l’Alice-Island di Stanley, aderge le sue pareti nerastre a più di 100 metri al di sopra del lago. Di tutte le rocce insulari che orlano la costa sul circuito del N’yanza, la più strana è quella che Stanley chiamò isola «del Ponte». Questo scoglio, situato non lungi dall’angolo nord-orientale del lago, si compone di due pilastri di basalto, uniti fra loro da un arco schiacciato di circa 4 metri di corda. Molti alberi hanno introdotto le loro radici nelle fessure della pietra: la rupe è sparita, non si vedono che due gruppi di verdura inghirlandati di liane, che ricadono nell’acqua, dove ciascuno descrive il suo piccolo solco; a traverso dell’arco, cui fanno festone le piante, si mostra la catena vaporosa dei monti littoranei.
I battelli che vogano sul lago, talvolta aggruppati in flotte considerevoli, contribuiscono alla bellezza dei paesaggi del N’yanza. Alcuni abitanti delle coste hanno battelli a vela, i mercanti adoperano grandi barche, simili ai dhau degli Arabi zanzibaresi, ed i missionarii europei hanno costruito scialuppe sul modello inglese; ma la maggior parte dei palischermi sono ancora di costruzione primitiva: sono piroghe arrotondate verso poppa ed aguzze verso prua; la metà anteriore emerge tutta quanta e si rialza a modo delle gondole mercè un’alta prora ornata di due corna d’antilope e di un mazzo di penne: si direbbe da lungi un animale che solleva il collo fuor dell’acqua e cerca la sua preda.
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