Su tutte le carte originali ha contorni differenti; ora sembra diminuire, colmato da ciò che vi apportano di continuo il fiume maggiore e i minori; nel 1840, quando D’Arnaud ne disegnò la carta, era un bacino molto considerevole(99).
Il «Giogo dei Fiumi» è la parte del fiume ove i frantumi vegetali bloccano per lo più il passaggio: le isole galleggianti portate dalle correnti e dagli scoli laterali si fermano alle brusche svolte e si stendono dall’una riva all’altra a guisa di zattera mobile. Fermato da tale ostacolo, il fiume si sposta; ma altri sedd o ammassi d’erbe rattenuti da folte macchie di ambagi, vengono a bloccare il nuovo letto; in parecchi siti l’«ingombro», nome che i creoli della Luigiana danno sul Fiume Rosso a queste dighe d’erbe, di canne e di rami, occupa una larghezza d’una ventina di chilometri. Come terra che si forma, lo strato di frantumi alla fine si consolida; si copre di papiri, ed anche di vegetazione arborea, e vere foreste crescono sopra un fiume nascosto che prosegue lentamente il suo corso nelle profondità. Famiglie numerose della tribù dei Nueri stabiliscono i loro accampamenti sul tappeto d’erbe galleggianti, nutrendosi unicamente di pesci, che pescano forando il suolo e di semi di varie specie di ninfacee(100). Sulle alte sponde del fiume e delle paludi veggonsi in certi siti miriadi di collinette argillose innalzate dalle termiti, e tutte tanto alte da superare colle loro vette il livello delle acque di piena: secondo l’altezza delle piene, le termiti salgono o scendono da un piano all’altro(101). Uno degli abitanti più curiosi di questa regione inondata è l’uccello chiamato dagli Arabi «padre della scarpa» per la forma del suo becco: è il Balaeniceps rex dei naturalisti.
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