Quando si scorge da lungi, sopra un monticello di termiti questo animale bizzarro colle lunghe gambe, le penne grigiastre, la testa enorme, si dubita se si veda un uccello o un pescatore Nero col corpo stropicciato di cenere(102).
Si sa che gl’intoppi del Nilo hanno arrestati di frequente gli esploratori, fin dal tempo in cui gli emissarii mandati da Nerone a scoprire le sorgenti del Nilo dovettero fermarsi dinanzi ad un «mare di erbe». La maggior parte dei viaggiatori che hanno navigato sull’alto Nilo nell’ultima metà di questo secolo hanno dovuto aprirsi un varco a viva forza a traverso quelle erbe intralciate; uno degli scoli dove passò il piroscafo della signorina Tinnè serba il nome di «Maya Signora». Per sette anni, dal 1870 al 1877, il fiume fu totalmente sbarrato, e tutti i naviganti dovettero tentare il viaggio pel Bahr-el-Zaraf(103). Molti di essi hanno soggiornato per settimane od anche mesi interi su quelle acque pestilenziali, donde si innalzano nugoli di grosse zanzare. In questi canneti appunto Gessi si trovò bloccato nel 1880 con 500 soldati e numerosi schiavi affrancati; il suo piroscafo e le altre sue navi non poterono aprirsi un passaggio; corsero tre mesi prima che una flottiglia egiziana, comandata dall’austriaco Marno, potesse riaprire il fiume lavorando sotto corrente alla distruzione dell’ingombro. Consumati dagl’insetti e dalla febbre, non avendo altro nutrimento che erbe e la carne degl’infelici che soccombevano, la maggior parte dei prigionieri ebbero per tomba la palude, e quelli che scamparono morirono quasi tutti di consunzione qualche tempo dopo; lo stesso Gessi sopravvisse solo pochi mesi a questa sua prigionia fra le erbe del Nilo.
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