Forse questa tradizione si fonda in parte sopra una confusione di nomi, poichè la pianura che si estende ad oriente del Mareb verso l’Atbara si chiama Barka o Baraka come il khor che scorre ad oriente. Checchè ne sia, gli Etiopi Axumiti e dopo di loro gli Abissini, che per lungo tempo videro il vero Nilo nel loro Takkazè, si immaginarono per secoli che sarebbe agevole rigettare il loro fiume nel mare, privando così l’Egitto dell’acqua che fa nascere le sue messi: d’altra parte di quest’illusione erano partecipi anche illustri stranieri, se l’Ariosto ne parla nell’Orlando Furioso. Ripigliandola minaccia d’Albuquerque, che domandava al re di Portogallo che gli mandasse operai da Madera per far da essi scavare al Nilo un nuovo letto fino al Mar Rosso, il re dei re Teodoro pretendeva che rigetterebbe il Mareb nel Barka per affamare l’Egitto e costringere il kedivè di Egitto a chieder mercè(126).
N. 14. — BACINO DEL NILO. [vedi 014.png]
Durante la stagione delle siccità, l’Atbara non riesce nemmeno, come il Nilo Azzurro, a raggiungere il fiume principale. L’alveo, largo 400 metri, è totalmente asciutto: «un deserto in mezzo al deserto», è una pianura di sabbia luccicante, che il miraggio lontano fa risplendere come acqua. Nondimeno rimangono qua e là delle pozze nell’alveo inferiore dell’Atbara; alle svolte, dove le acque, battendo forte contro le sponde, hanno scavato il suolo a parecchi metri al di sotto dei fondi ordinarii, si mantengono degli stagni, difesi un poco contro l’evaporazione dagli alberi della riva.
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