Un tempo, quando il Nilo egizio nutriva nelle sue acque cinque specie di coccodrilli, il piccolo sauriano innocuo chiamato suk movevasi innanzi alle acque; esso ne precedeva la venuta, era l’araldo della gran novella. E però i campagnuoli accoglievano con festa questi coccodrilli di buon augurio, e nelle città lontane dal Nilo si rendeva loro un culto solenne: s’ergevano tempii ad essi, e nel santuario se ne tenevano alcuni vivi ornati di braccialetti e di ciondoli, nutriti della carne delle vittime(159). Adesso nel Nilo egiziano non ci son più coccodrilli. Il grosso sauriano, che ancor si vedeva al principio di questo secolo nei canali che attraversano il Cairo, non si incontra più nemmeno a Tebe: i primi si trovavano non è molto ad Ombos, fra la gola delle catene e Assuan(160); nella regione delle cataratte si nascondono altresì i pesci elettrici(161). Gl’ippopotami o cavalli del Nilo si sono rifuggiti ancor più insù, verso il confluente dell’Atbara.
Quando il livello comincia ad abbassarsi nel letto del Nilo, la massa liquida che riempie la parte superiore dei canali si riverserebbe bentosto nel fiume se non si sbarrasse l’entrata delle fosse: così i coltivatori serbano per la primavera e per la state l’acqua che loro è necessaria per le irrigazioni; quando il fiume è in sul decrescere, il livello dell’inondazione vien mantenuto nelle campagne a 5 e 6 metri al disopra della corrente del letto fluviale. Inoltre i coltivatori profittano delle acque del Nilo che s’infiltrano lateralmente nel suolo a parecchi chilometri di distanza, ma, con tale una lentezza, che l’effetto delle piene vi si fa sentire soltanto delle settimane o dei mesi dopo il periodo normale dell’inondazione: a 100 metri dalla corrente bisogna attendere da otto a dieci giorni prima di vedere salir l’acqua nei pozzi; a più di un chilometro s’innalza solamente quando il fiume si è abbassato.
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