Sono quasi tutti pastori e vivono fuor dei villaggi, nelle steppe: i viaggiatori incontrano questi nomadi assai di raro. Sebbene abbiano fornito dei re alla maggior parte delle tribù degli altipiani, nondimeno sono tenuti per barbari dai negri coltivatori: allo stesso modo nel Celeste impero i Manciù, stirpe di vincitori, sono disprezzati dai Cinesi, figli dei vinti. Ma in mezzo a tutte queste popolazioni assoggettate, che s’inorgogliscono delle loro coltivazioni e delle loro arti, gli Huma hanno almeno una superiorità, quella di una vita libera e indipendente: essi non tollerano padroni fra loro: quelli che non hanno saputo difendere la propria libertà cessano di essere da loro considerati come appartenenti ancora alla loro nazione. Anzi Speke racconta che le donne Huma catturate e fatte schiave sono arse dai loro compratrioti se ricadono nelle loro mani. La lingua dei Wa-Huma non è conosciuta: parlano forse un idioma galla misto di voci bantù, ovvero un dialetto bantù, che ha conservato una parte del vocabolario galla? I viaggiatori non hanno ancora tanto vissuto con essi da poter risolvere questa quistione(177).
Il regno di Karaguè a occidente del N’yanza, occupa uno spazio di circa 15,000 chilometri quadrati, ed è limitato a mezzodì dal paese degli U-Zinza, a ponente e a settentrione dal Tangurè, fiume che per l’abbondanza delle sue acque viene indicato come l’alto Nilo: una marca deserta, attraversata dal fiume Lohugati affluente del N’yanza, separa il Karaguè dall’U-Sui.
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