Forse in nessun paese africano, come nel Karaguè, si osserva rigorosamente l’uso di dare alle principesse cotesta enormità di forme; alle stanghe trasversali collocate nelle capanne coniche dei capi, stanno sospesi in fila vasi pieni di latte; le donne, sedute su poggiuoli di terra coperti di erbe, non hanno che a stendere la mano per prendere la coppa della bevanda alimentatrice; in quanto alle giovinette, che non comprendono ancora il lor dovere e si ricusano talvolta a lasciarsi rimpinzare, il padre è obbligato alle volte ad usare la verga per far che obbediscano. Vi sono circostanze in cui la costumanza esige da queste figlie un sacrifizio ancor più grande, quello della vita. Alla morte di un sovrano il popolo costruisce al disopra del cadavere un palazzo funebre, poi vi si gettano cinque giovanette e cinquanta vacche, destinate a morire d’inedia per accompagnare il re nel suo gran viaggio al paese degli spiriti.
Warahangè, capitale del Karaguè, giace in un’ammirevole postura. È situata a più di 1300 metri d’altezza sopra una spianata erbosa d’onde si vede a’ suoi piedi il laghetto Rweru (Windermere), dominato da una scoscesa collina su cui è la tomba dei re; più oltre apparisce la valle del Nilo Tangurè, vasta foresta di papiri, ove qua e là luccicano pozze argentine; poi in lontananza si succedono catene parallele, dominate all’estremo orizzonte dai tre coni azzurri del M’fumbiro. Il Karaguè è nel cerchio di attrazione di Zanzibar. Non lungi da Warahangè, alla base orientale di una cresta intermedia, alcuni mercanti arabi hanno stabilito l’emporio di Kufro (Kafuro), ove si barattano stoffe, sale, oggetti di origine europea, con avorio, caffè ed altre derrate del paese.
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