Raramente mangiano carne, poichè il bestiame, che consiste in vacche magre e cattive lattaie, in capre e in pecore dalla grossa coda, appartiene ai pastori Huma, i quali non lo vendono. Sulle rive del lago e nelle isole la popolazione in gran parte ittiofaga, trova da nutrirsi ampiamente, grazie alla gran quantità di pesci che vivono nel N’yanza. Del resto vi ha poche bestioline che i Wa-Ganda disdegnino: sono ghiotti di termiti e di locuste; fanno perfino la caccia agli sciami di moscherini, che prendono per mezzo di reti vivamente tratte per l’aere.
La freschezza dell’aria essendo talvolta sensibile su questi altipiani dell’Africa centrale, i Wa-Ganda costruiscono le loro capanne con maggior cura della più parte degli altri popoli del continente, e queste dimore sono tanto grandi da permettere che i lavori domestici si facciano tutti nell’interno. Il tipo di queste abitazioni è quasi sempre quello dell’arnia: si compongono di un doppio emisfero o cupola di frasche, sostenuto da pali e rivestito di densi strati di una stoppia che vien fornita da una graminacea, «l’erba delle tigri», lunga da cinque a sei metri; fra i due tetti l’aria circola liberamente, sbarazzando la capanna da ogni puzzo(184). Un rialto di terra battuta, inclinato al difuori, circonda la capanna per fare scolare l’acqua sulla circonferenza nella stagione delle piogge. Molte case hanno un portico basso, sotto il quale si entra carponi: questa, insieme all’usanza di prostrarsi innanzi ai superiori, è la cagione delle piegature che i più degl’indigeni hanno alla pelle delle ginocchia e che prendono alle volte la forma di vere saccocce(185). Nell’interno delle capanne, il solaio è cosparso di piccole erbe, i cui fasci sono disposti in figure geometriche: l’aspetto generale del luogo è piacevole, finchè le pareti non sono annerite a causa della mancanza di aperture.
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