La moglie non è mai battuta nel paese Sciuli, e ordinariamente il marito non prende alcuna risoluzione senza consultarla, non riceve alcun dono senza dividerlo con essolei. Il lavoro dei campi non è imposto alle donne, come presso i Wa-Ganda e i Wa-Nyoro: esse non devono occuparsi che delle faccende casalinghe.
Poichè il nome di Sciuli ricorda da lungi quello di Sciluk, che si è dato alle potenti tribù stabilite più a settentrione sulle rive del Nilo Bianco, alcuni autori hanno opinato che gli Sciuli sieno immigranti Sciluk stabiliti da parecchie generazioni(210). Checchè ne sia, i dialetti delle due genti si somigliano: i soldati sciluk condotti nel paese dagli ufficiali egiziani comprendono subito il linguaggio locale. Ma i figli degli antichi conquistatori, divenuti molto pacifici, s’occupano sopratutto delle cure della coltivazione, e l’aspetto dei campi attesta i loro sforzi perseveranti. Hanno tabacco eccellente, legumi di varie specie, parecchi de’ quali introdotti di recente dagli Arabi e dagli Europei, e presso ai grandi villaggi i loro campi di biade e di sesamo si estendono a perdita di vista. In mezzo agli alberi fruttiferi sorgono qua e là alberi feticci, i cui rami sono carichi di corna e di denti, di cranii recati dai cacciatori. Gli Sciuli, come le tribù littoranee del N’yanza, costruiscono pure delle piccole baracche ai genii della Terra, e non si cimentano ad alcuna impresa prima di aver consultato i maghi. Molto ospitali, accolgono bene il viaggiatore, e gli attestano i loro sentimenti di fraternità sputandogli nella mano, o almeno simulandone l’atto.
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