Non ci proteggete; non vi domandiamo altro che di poter partire». Così gli parlavano i delegati d’una tribù ch’egli annetteva all’Egitto.
Benchè da lungo tempo in contatto cogli Arabi musulmani, gli Sciluk hanno serbato i loro costumi e la loro religione. Come i Bari e i Denka, essi hanno rifiutato le vestimenta offerte loro dai mercanti di Kartum, e non accettano se non gli ornamenti di vetrerie o di metallo; le sole donne portano una pelle di vitello legata alla cintola. Uno strato di cenere surroga gli abiti presso i poveri; si riconoscono da lungi al loro color bigio; i ricchi sono rossi sotto il loro intonaco di sterco vaccino. Come le altre popolazioni littoranee del Fiume bianco, gli Sciluk dànno alla loro chioma, ornata d’erbe e di penne, le più bizzarre forme, quelle di una cresta, d’un ventaglio, d’un nimbo, di un elmo, financo di un cappello a larghe tese; vedendo sbarcare Schweinfurth coperto di un ampio feltro alla Bolivar, gl’indigeni credettero di imbattersi in uno dei loro, e gridarono al miracolo quando si tolse il cappello. Per lo più la forma dell’edificio capillare dipende dal capriccio materno; prima che i figli siano spoppati, dànno forma ai capelli con argilla, gomma, sterco, cenere; e non rimane al fanciullo o alla fanciulla più altro che la cura del mantenerli in quello stato. Buoni cacciatori, gli Sciluk danno la caccia allo struzzo come i Baggara; anzi sanno allevarli, e i piccoli struzzi foraggiano come i pulcini intorno alle capanne(248). L’animale che più temono è il bufalo; quando non possono evitare la bestia furiosa, si precipitano bocconi e fingonsi morti; il bufalo annusa il corpo per qualche minuto, poi va via senza toccarlo.
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