Nondimeno i racconti che si facevano di questi cattolici africani avevano più della leggenda che della storia, e l’Etiopia, al pari degli altipiani mongolici, ebbe il suo regno del Pretejanni, ove s’immaginavano popoli felici, viventi in un’età dell’oro novella. Per più di mille anni le comunicazioni dirette fra l’Europa e gli Etiopi rimasero interrotte; esse furono riprese verso il 1450, grazie al commercio degl’Italiani coll’India. Chi presti fede a Bruce, il veneto Brancalione disputava coi preti abissini a mezzo il quindicesimo secolo; più tardi il portoghese Pietro Covillão, partito da Santarem nel 1487 accompagnato da un altro Brancalione, riuscì a raggiungere l’altipiano e la corte del re d’Etiopia; ma non gli fu concesso di ritornare in patria. Nel medesimo tempo un pellegrino etiope, Marcos, si recava da Gerusalemme a Lisbona. Nel secolo seguente i Portoghesi penetravano sull’altipiano, vi fondavano stabilimenti religiosi e militari, ed esploravano in tutti i sensi la contrada. Non pertanto le relazioni coll’Europa non erano rannodate in modo definitivo: i preti portoghesi, accusati di aspirare al dominio politico, furono scacciati dal paese. Vero è che un medico francese, Poncet, chiamato dal re di Abissinia, succedette ad essi nel 1699; ma corsero settant’anni fra la sua breve visita ed il viaggio dello scozzese Bruce, da cui comincia l’era delle moderne esplorazioni. Da quel tempo numerosi Europei, dotti, mercanti, avventurieri, soldati e missionarii, hanno percorso il paese, ed una spedizione militare europea riuscì a penetrare sin nel cuore dell’Abissinia.
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