Nel suo complesso, l’altipiano etiopico consiste in una moltitudine di altipiani distinti, comparabili ai prismi poliedrici formati dalla disseccazione del suolo nei campi argillosi sottoposti all’azione del calore. Cotali altipiani, tagliati da precipizii e sormontati da torri, sono di varie grandezze: alcune formano interi territorii, che hanno città e popolazioni numerose; altri, chiamati amba, non sono altro che massi, pilastri quadrangolari alti qualche centinaio di metri, come i drug o «inaccessibili» dell’India meridionale, o «le pietre» isolate della Svizzera sassone. Nell’Etiopia orientale l’origine di tali amba deve ricercarsi nel disgregamento di un denso strato di gres rosso o grigiastro, che si divide in masse verticali e manifesta qua e là gli strati delle rocce scistose inferiori e i nuclei cristallini(254). Nell’interno dell’Etiopia, e sopratutto ad occidente, dove predominano i terreni vulcanici, la maggior parte delle torri naturali non consistono in gres, come sugli altipiani orientali, nella Sassonia e nell’India; ma si compongono di lave e terminano in coni basaltici, gli uni disposti in fasci convergenti come tronchi d’alberi accatastati per un rogo, ovvero ergentisi in colonnati come i templi di un’acropoli. I prismi la cui spianata superiore è tanto vasta da contenere dei campi arativi, e dare origine a sorgenti, servirono per la maggior parte di fortezze, e più d’una tribù, più d’un’orda di briganti assediati è restata per anni su di uno di quei massi, priva di ogni comunicazione col resto del mondo.
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