La maggior parte dei frammenti parziali dell’altipiano, graniti o basalti, hanno le pareti esterne formate di rive a picco e di scarpe sovrapposte che dànno ai monti l’aspetto di piramidi a scaglioni; ma alcuni dei kualla non sono altro che crepacci, o strette profonde, come i cañons dell’America settentrionale. Da un orlo del crepaccio all’altro, la distanza sembra d’un trar di pietra; ma bisogna scendere nell’abisso, camminare per ore intere sull’estremità di precipizii vertiginosi, attraversare il fiume ch’è in fondo, talvolta a rischio della vita, poi risalire a grande stento le pareti opposte. Enormi massi trasportati dai torrenti ostruiscono talvolta la forra, appoggiandosi da una parte e dall’altra sulle sporgenze delle rocce: carovane e bande armate sono state arrestate da questi ostacoli per ore intere. I crepacci più notevoli dell’Etiopia sono quelli dello sporto orientale degli altipiani, ove la fessura totale supera i 2000 metri, dalle alture del dega fino al livello del mare. In niun luogo si può meglio rimaner convinti della potenza di corrosione esercitata dalle acque correnti. Vi sono crepacci le cui pareti opposte s’innalzano quasi verticalmente a pochi metri di distanza ed a centinaia di metri di altezza, i quali rappresentano uno sterro di dure rocce non inferiore a trecento milioni di metri cubi(258). Con tutto ciò, le acque hanno perfettamente regolarizzato il pendio del fondo, che in media è di un solo metro su quaranta. È questo un declivio dei più facili a salire; nondimeno parecchie di coteste forre sono impraticabili per mesi interi a cagione dell’acqua che ne riempie il fondo e turbina nelle vasche; ogni anno si debbono aprire di nuovo i sentieri attraverso i frantumi.
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America Etiopia
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