Ma il fervore religioso degli Esiliati li rannoda sì fortemente agli ebrei, che non sarebbe da stupire al vedere che altri israeliti li considerassero come fratelli di stirpe(297).
Ad ogni modo, fu un tempo in cui vi era piena coesione religiosa fra le varie comunità ebree, dalla Palestina all’Etiopia; dal Morija di Gerusalemme, ai numerosi «monti Sinai» degli altipiani africani, le comunicazioni non erano mai interrotte, grazie alle potenti repubbliche ebree che occupavano gran parte della penisola arabica, una delle quali sussisteva ancora in paese imiarita cinquant’anni prima della nascita di Maometto. Dall’oriente, la religione s’era propagata al di là del Mar Rosso; e, quando venne il periodo di decadenza, il «popolo eletto» trovò in occidente il luogo ove meglio si mantenne. I Felascia non hanno più come un tempo la preponderanza religiosa in Etiopia, e le loro dinastie non hanno lasciato che un ricordo; nullameno non sono, come gli ebrei dell’Arabia, una casta odiata, perseguitati da tutti.
In quasi tutte le provincie si tengono appartati dagli altri Abissini, abitando villaggi distinti o rioni segregati nelle città: le loro moschee, che si dividono in tre scompartimenti di differente santità, come i tabernacoli dei primi ebrei, si fanno conoscere da lungi per una pentola di creta posta sul comignolo. Assai desiderosi di conservare la purezza della schiatta, i Felascia non si sposano a donne di religione diversa; finanche è loro vietato di entrare nelle dimore dei cristiani, e, quando con una simile visita si sono contaminati, sono obbligati a purificarsi prima di tornare a casa.
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