A settentrione dei Bogos, e al pari di essi sulle spianate sporgenti dei monti etiopici, vivono i Takuè, che sono pure di origine agau e parlano il bilen, donde il nome di Bilen che talvolta si dà ad essi come ai Bogos. Come la maggior parte dei loro vicini, si vantano, probabilmente a buon dritto, d’essere una nazione di conquistatori; ma sono originarii dell’Africa, almeno da tempo immemorabile, ed ancora si additano nell’Hamasen i campi che appartenevano alle loro famiglie. I Dambelas, ad occidente, sono pure Abissini; mentre i Mensa, sugli altipiani orientali, e i Marea, nella regione montuosa che limita a settentrione il corso dell’Anseba, si dicono di origine araba, ed anzi vuolsi discendano da uno zio del profeta; sono mezzo nomadi, benchè agricoltori, e vivono sotto le tende. Nondimeno i Mensa e i Marea erano cristiani, come i Takuè e i Bogos, e solo nella prima metà di questo secolo cominciò l’opera di conversione al maomettanismo, dapprima nella turba dei poveri e dei servi; i capi non sono diventati maomettani se non dopo il grosso della nazione; nei grandi disastri ricorrono alle volte all’antico dio Egziabeher, il cui posto ha preso Allah nelle ordinarie preghiere. Dopo che sono entrati nell’islamismo, i Marea non innalzano più tumuli di terra sui loro morti come fanno i Bogos. Sono in numero di circa 16,000, e si dividono in due tribù, i «Negri» e i «Rossi»; ora, per un bizzarro contrasto, questi, che formano la divisione meridionale, coltivano terre nerastre, mentre i Marea negri, quelli delle colline settentrionali, vivono sopra un suolo di color rosso.
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