L’elefante del paese degli Habab è nomade come gli uomini. Finchè durano le piogge invernali, esso frequenta a truppe i declivii orientali dell’altipiano, sulla zona del Sahel; poi, nella state, risale verso le alture del Nafka, per discendere poscia ad occidente e giungere alla valle del Barka e ai versanti dei monti abissini(305).
Ad occidente, a settentrione, ad oriente degli Habab, nelle terre basse, mostrasi in giro una zona mista, quella dei Beni-Amer, che sembrano provenienti da una miscela di Abissini e di Begia, e presso i quali l’idioma «beduino» dei Begia lotta per la preponderanza col dialetto tigrè, noto nel paese sotto il nome di hassa. I Nebtab del Sahel, tutti nobili e come tali riconosciuti dai loro vicini, sono egualmente ripartiti fra le due zone glossologiche. L’elemento etiopico è tanto più largamente rappresentato quanto più le tribù dei Beni-Amer sono prossime al grande altipiano: quelle che vivono nelle vicinanze dei Mensa, nelle pianure del Samhar, parlano quasi esclusivamente il tigrè(306); i parentadi si fanno per mezzo delle figlie dei Bogos e di altre popolazioni delle montagne che i Beni-Amer prendono per mogli; ma essi poi sono troppo alteri per dare le loro figlie in matrimonio agli uomini delle tribù abissine. In queste regioni intermedie, come nei mercati di schiavi che circondano la regione degli altipiani, trovansi i più differenti tipi, quelli degli Agau dal viso largo, dagli zigomi sporgenti, e quelli degli Arabi o Arabizzati, quali sono gli Hadendoa o gli Sciaikieh, dalla fronte alta, dalle gote piatte, dal naso sottile, dall’occhio selvaggio, quasi feroce.
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