La lingua beduina degli Habab è il ghez, che si è conservato quasi senza modificazioni, e spesso i teologi d’Abissinia sono andati a vivere fra quegli umili pastori delle montagne del settentrione per istudiare le origini della loro lingua sacra(310). Un altro dialetto della medesima provenienza, l’hassa, poco diverso dal tigriè, si è conservato presso i Beni-Amer, nelle pianure del Samhar, che costeggiano il Mar Rosso; ma presso questo popolo, ove l’elemento arabo è in lotta coll’elemento etiopico, il primo viene vincendo gradatamente; da questo lato la zona glossologica dell’Abissinia si restringe a poco a poco a vantaggio dell’arabo, allo stesso modo che non ha guari la religione cristiana era ricacciata dall’islamismo.
Delle due principali lingue etiopiche, la tigrigna e l’amarigna, o amarica, la seconda, egualmente derivata dal ghez, è più invadente, grazie alla superiorità di civiltà che spetta agli abitanti dell’Amhara e alla loro preponderanza politica. L’amarica è la lingua del commercio e della diplomazia; è pur l’idioma letterario, che ha il suo alfabeto speciale di 33 lettere, ciascuna con 7 forme, ossia 231 caratteri, che si scrivono da sinistra a destra come nelle nostre lingue europee, ed il numero delle opere composte in questa lingua è già tanto considerevole da formarne delle biblioteche. Le più importanti si trovano in Europa, e in prima linea quella del Museo Britannico, che comprende 348 opere, provenienti sopratutto dalle collezioni del re Teodoro. La maggior parte dei libri amarici sono stati composti per edificazione dei fedeli; ma la magia, la storia, la grammatica sono del pari rappresentate nelle collezioni d’opere etiopiche(311). La scienza possiede già tre dizionarii della lingua amarica: il più recente, lavoro filologico di valore capitale, è quello cui il sig. d’Abbadie ha lavorato per più di un quarto di secolo.
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