Era il 1541. I Galla furono battuti, ma i Portoghesi vollero il prezzo dei loro servigi, vale a dire un feudo che comprendeva un terzo della superficie del regno e la conversione di tutti gli Abissini alla fede cattolica: le guerre di religione cominciarono tra alessandrini e romani. Una prima missione di gesuiti dovette abbandonare il paese senza aver fatto riconoscere la sovranità del papa; ma una seconda missione fu più fortunata, e nel 1624 il re dei re abiurò la credenza monofisita e promulgò l’ordine di conversione generale. L’inquisizione cominciò a funzionare, e parecchie rivoluzioni, crudelmente represse, insanguinarono il regno. Per otto anni l’Abissinia fu ufficialmente una provincia del mondo cattolico; ma, dopo un’orribile carneficina di contadini, l’imperatore Claudio, stanco del sangue versato, emanò un editto di tolleranza, e bentosto tutti gli Etiopi ritornarono all’antica credenza. I preti cattolici presero la via dell’esilio, e perirono di morte violenta, tranne il patriarca, che gli Arabi catturarono e vendettero ai Portoghesi di Goa per un forte riscatto.
In questo secolo i missionari cattolici e protestanti sono ritornati in Abissinia; ma, sospetti come stranieri, non sono stati mai tollerati se non per qualche tempo. Gli Etiopi in generale sono assai indifferenti in fatto di religione, e vedrebbero senza noia innalzarsi chiese di diverse denominazioni accanto alle loro; ma temono che la conversione sia preludio della conquista. «I missionari saranno liberi nel mio regno, diceva il principe Lassa, che più tardi divenne il famoso re Teodoro; ma a patto che i miei sudditi non dicano: «Io sono Francese perchè sono cattolico»; ovvero: «Sono Inglese perchè sono protestante»(323)! Anzi più tardi vietò agli stranieri qualunque predicazione, e li tollerò solo in qualità d’artigiani.
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