Gondar non è di antica origine: risale soltanto ai primi anni del diciassettesimo secolo, ma ha più edifizi rovinati che case in buono stato. La maggior parte delle chiese furono distrutte da Teodoro in un giorno di furore, e sulla collina arrotondata che domina la città a settentrione si vedono gli avanzi di un gimp o «castello fortificato» che malgrado il suo stato di disfacimento è ancora la più magnifica costruzione dell’Etiopia. I suoi muri di gres roseo, con rivestiture di basalto, le sue torri rotonde, il suo atrio quadrato le sue alte porte di stile portoghese gli dànno un aspetto magnifico; ma gli alberi e le macchie l’invadono a poco a poco, e parti intere del palazzo sono state di proposito demolite. «Poichè non dobbiamo edificare monumenti» diceva una regina a mezzo di questo secolo, «perchè dovremmo lasciar sussistere quelli degli altri? (339)» Vista da lungi, a piè delle sue pittoresche rovine, dominata dalle sue chiese e sparsa di gruppi d’alberi, Gondar ha l’aspetto di una città europea, e sarebbe certamente fra le più belle, grazie al suo anfiteatro di monti, ai ruscelli che serpeggiano nelle praterie del Dembea, alla distesa azzurra del lago che splende in lontananza.
Collocata ad un’altezza di circa 2000 metri (da 1904 a 2050, secondo vari computi), Gondar occupa le pendici meridionali ed occidentali di una collina a dolci declivi. Le sue case non sono aggruppate in modo da formare una città propriamente detta: si compone di rioni distinti, borgate separate da piazze deserte e da cumuli di macerie, ove i leopardi e le iene s’arrischiano talvolta durante la notte; il viaggiatore Rüppell ebbe perfino a combattere tre leopardi entrati nel pollaio della sua dimora.
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