Forse all’azione delle acque calde minerali è da attribuire la fossilizzazione degli alberi silicei che trovansi in molti luoghi dell’altipiano fra il Lasta e lo Scioa; come le «foreste petrificate» del Cairo, così quelle dell’Etiopia sono composte di alberi appartenenti alla famiglia delle sterculiacee(393).
Un istmo di terre alte, che separa l’Abai dalle sorgenti dell’Auash e s’incurva a libeccio, costituisce la frontiera naturale tra l’Etiopia propriamente detta ed il paese dei Galla: è una regione con poche elevazioni, senza altro rialzamento che quello delle sponde da ciascun lato dei torrenti. Ma a mezzodì di quest’istmo le montagne riappaiono sotto forma di catena regolare: bisogna considerarle piuttosto come una protuberanza generale del suolo, tagliata in massi distinti ed in picchi dai fiumi che discendono a settentrione verso il Nilo azzurro, a mezzodì verso il gran fiume dai mille nomi Gugsa, Uma, Abula. Per opera delle corrosioni che hanno frastagliato l’altopiano e gli hanno data la sua forma esterna, l’asse delle cime si dirige da maestro a scirocco: in questa direzione appunto si succedono il Goro Scien, il Belbella, il Tulu Amara, lo Scillimo, il Diriko, il Kalo, il Roggè, tutti monti che hanno oltre a 3000 metri di altezza. La vetta più notevole di questo culmine, alla sua estremità orientale, pare sia l’Hamdo, che avrebbe non meno di 3456 metri. Nella stessa direzione, ma a guisa di masso isolato circondato da ogni parte da valli profonde, si erge nel paese di Guraghè la vetta di Wariro, cui Chiarini dà 3898 metri d’altezza.
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