Allontanandosi dai monti per scorrere verso greco in direzione della baia di Tagiurah, il fiume si accresce delle acque che gli apporta la Germama o Kasam; poi decresce a poco a poco, e ad un centinaio di chilometri dal mare, dopo un corso totale che si può valutare a 800 chilometri, si perde in un lago pantanoso, il Bada o lago d’Aussa, chiamato anche Abhelbad da vari autori: la massa d’acqua, che probabilmente trovasi sotto al livello del mare, cresce e decresce secondo l’alternarsi delle piogge e delle siccità(401). Le acque del lago sono dolci e depongono un limo fertilizzante che rende al centuplo il grano seminato dai Danakil d’Aussa; uno sbarramento costruito a settentrione trattiene durante la state l’acqua necessaria all’irrigazione dei campi; ma, quando le terre sono totalmente imbevute, le chiuse si aprono e l’eccesso si riversa in un bacino di scolo chiamato «il lago Natron», a cagione delle sostanze chimiche cristallizzate sulle sue rive(402).
Altri laghi appartengono al sistema dell’Auash e ne ricevono le acque d’inondazione: tale è il Leado, dominato dal vulcano di Dolfanè e dal Gebel-Kabret «o monte dello zolfo», non lungi dalle Alpi etiopiche. Anche il lago di Zwai, Gilalù, Laki o Dambal, nel paese di Guraghè, fa probabilmente parte dello stesso bacino idrografico, e le sue acque straripanti pare si scarichino nel fiume; nondimeno gl’indigeni dissero ad Antonelli e a Cecchi che questo bacino non ha nessun emissario, e che per questo pare abbia avuto il nome di Zwai che in lingua ghezza vale «immobile». A libeccio dello Zwai si estende un altro ricettacolo d’acqua, presso a poco della stessa grandezza, che Cecchi scorse distintamente dalla sommità del monte Zikuala.
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